top of page

Lo spazio per il desiderio: quando ti mancano le stelle

  • Immagine del redattore: Gabriele Carmelo Rosato
    Gabriele Carmelo Rosato
  • 16 set
  • Tempo di lettura: 2 min

Ci sono esperienze che tirano fuori il meglio di noi, e – per me – questa forma di emersione è fatta di "agguati creativi". Le mie incursioni nell'arte si manifestano durante le residenze artistiche, quei programmi che permettono di ricevere ospitalità per produrre un’opera che coinvolga il territorio in cui si abita temporaneamente. Sostanzialmente, è un invito a mettersi in ascolto del luogo, delle persone, di sé. Questa estate, per la terza volta – e la seconda insieme a Ilaria Leva – ho preso parte al programma di residenza artistica L’Elba del Vicino.



Noi non siamo artisti di professione, ma combiniamo le nostre consapevolezze e metodologie per creare opere multimediali che intrecciano ricerca, partecipazione e creazione collettiva. Nella nostra poetica ci interroghiamo spesso sul valore delle aspirazioni profonde, dei desideri inespressi, dei bisogni intimi. Io, come antropologo, studio come i traumi influenzano i luoghi, e Ilaria, come architetta, si concentra sulla progettazione degli spazi come forma di ricucitura delle discontinuità dei territori.


Il tema proposto quest'anno dagli organizzatori prendeva in prestito i famosi versi danteschi: “Uscimmo a riveder le stelle”, e noi abbiamo scelto di declinarlo nella forma più fragile e potente che conosciamo: il desiderio.



De-siderare: la mancanza di stelle

Desiderare è la mia parola italiana preferita. Nella sua etimologia latina (de-sidera), richiama il concetto di “mancanza di stelle”: quella sensazione di tensione verso qualcosa che non abbiamo, e che proprio per questo ci smuove. Accade quando vogliamo qualcosa che è al di là della nostra portata, e non potendola ottenere, si "de-sidera", perché è 'inaferrabile come le stelle'. Concretamente, abbiamo raccolto 10 interviste fra coloro che popolano l’Elba – persone che sull’isola ci sono nate o che hanno scelto di viverci – per chiedere loro che cosa desiderano. Il desiderio, in queste voci, si è fatto assenza e radicamento, partenza e ritorno, ferita e luce.


ree

Un paesaggio da ascoltare

Il nostro lavoro di ricerca si è poi trasformato in una performance sonora pensata per un pubblico seduto all’aperto. Abbiamo ricucito paesaggi sonori locali, micro-narrazioni, silenzi e parole: un audiodocumentario poetico che ha accompagnato il pubblico in un viaggio immobile dentro i desideri dell’isola. Il setting è stato allestito da Ilaria secondo uno schema effimero e caotico, per amplificare la dimensione contemplativa e coinvolgente dell’esperienza. Luci soffuse, materiali locali, sedie disposte in modo asimmetrico; come a dire: non esiste una sola direzione per ascoltare. Ciascuno ha potuto trovare la propria posizione. Ognuno ha trovato il proprio tempo.



Desideri condivisi

Alla fine dell’ascolto, abbiamo chiesto al pubblico di restituire qualcosa: un desiderio.

Ognuno ha ricevuto un cartoncino nella sagoma di uno scoglio, come le rocce che affiorano intorno all’isola. Abbiamo chiesto di scrivere o disegnare un desiderio, senza firmarlo. Poi abbiamo composto una tavolozza blu puntellata di bianco, come una costellazione di desideri condivisi. Terminata la restituzione, ognuno ha portato con sé il proprio "scoglio" di carta da abitare o disabitare, ovvero, ogni partecipante ha pescato un desiderio altrui, e l’ha portato via con sé per custodirlo e rispecchiarsi.

 
 
 

Commenti


bottom of page